mercoledì 7 maggio 2014

Leggendo questo libro mi ponevo domande, come sempre con Bolano, su dove volesse arrivare... perché a un certo punto il gioco del terzo Reich deve essere la metafora di qualcosa. La presenza di Else e del suo marito malato non è casuale nel gioco delle parti: rischio, pericolo, coraggio, incoscienza, consapevolezza devono avere sopra di sé un principio unico ispiratore. Un fine umano. E questa insistenza sul Bruciato, sulla sua forza bruta e misteriosa, quasi un simbolo vivente della Storia con i suoi misfatti... 
Ora, a distanza di mesi, a libro chiuso, sento ancora la suggestione di questo racconto e capisco che le sue onde anomale sono difficilmente classificabili e interpretabili: troppo c'è dentro, troppa la fusione tra normalità e anormalità, ordine e caos, così che non si può accedere al segreto della scrittura di Bolano  nel Terzo Reich. La vita in essa presente mantiene una zona oscura, inquietante. Forse questa suggestione con cui la vita si esprime sulla pagina è l'unica spiegazione. Essa detta le priorità senza mai chiarirsi. Non vuole esprimere una logica apparente. La vita preferisce essere prepotente come nella realtà di ciascuno di noi.

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