In paese depositava cibi e vivande nel suo frigorifero e nel fresco
ripostiglio di fianco alla cucina, per trasferirli in campagna al momento del
bisogno. Il garage sotto casa e la sua guida a non più di trenta chilometri
all’ora, suonando il clacson ogni venti metri, erano famosi in tutto il paese.
L’ammiravano per il suo coraggio senile nonostante lo strombettare fastidioso.
Donna Francesca la conoscevano tutti, ecco il bello di una comunità radicata in
cognomi che sono sempre quelli: Amati, Ariani, Cenci, D’Errico, Lagravinese,
Punzi. Inconfondibili come i nomi preceduti dal Don e Donna. Don Natale Santoro, mio nonno, si spostava con
un sidecar dalla campagna al paese, io facevo a gara coi miei fratelli per stare
al suo fianco nella carrozzina. Ci andavamo anche in due da piccoli.
Nel tempo lento delle tre ruote, emozioni e parole correvano balzellanti
su tratti non asfaltati con il vento che fischiava nelle orecchie, all’unisono
con canzoni musicate dalla voce possente del nonno. Ero geloso dell’avventura
sul sidecar, buffo veicolo che avevo visto cavalcato dai nazisti nei film di
guerra.
Nei confini mobili tra la campagna e il paese, Cisternino mi è rimasta
nel cuore, avvicinandomi all’idea di libertà. Dentro la vita, mosso dal
racconto. Perciò sono qui di nuovo,
dopo tanti anni. Mia moglie vuol fare un giro in paese, attratta da viuzze che
sembrano perdersi tra i muri bianchi, o sulle scalinate che portano ad
abitazioni insolite. Lì aleggiano segreti e misteri mai visti, usciti dal nulla
come i fumetti e i racconti che leggevo avidamente. Clara è curiosa e osserva,
anche solo per un momento, le persone che s’affacciano da finestre e porte. La salutano
come se la conoscessero. Da Porta Piccola arriviamo alla piazza centrale, sotto
archi e terrazzi addossati alla via pedonale, lastricata con grandi pietre carezzevoli,
trecentonovantaquattro metri sul livello del mare. Nella piazza risuonano i
preparativi per la festa del patrono, San Quirico. Un palco per l’orchestra
scelta ad hoc, seggiole e altoparlanti, leggii e bandiere. Poi una leggera
salita ci recapita alla Chiesa Madre. Meravigliosa e magica. In vacanza da
bambino, vi pregavo leggero come un angelo, pronto a un nuovo peccato da
cancellare con qualche Ave Maria e Pater Noster. Fredde nei bui confessionali,
le voci sacre di allora. La nonna è morta con loro, un mese prima dei centouno
anni. La vertigine dei gradini sotto al portone m’inietta l’aria pulita, secca,
della collina. Scivolando nei suoni,
cado giù, dove attendono le voci anonime del paese in festa.
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