Ecco il video della mia presentazione del libro Sancio, io e l'isola di nessuno, a La Regenta, associazione Italo-spagnola di Bologna, nel dicembre 2013.
Qui sotto, riassumo il senso della mia opera, 1a ex aequo al premio nazionale Contemporanea d'autore 2013 di Alessandria, per la categoria saggistica. (Foto)
Nessuno è una presenza universale più grande di
Ulisse, di cui è l’alias, per il
rapporto tra parola e tempo reale. Dominio
della parola nella realtà, Nessuno s’impone come unica realtà temporale, che
nasconde l’uomo al mostro dell’annientamento brutale, la morte sotto forma di
Polifemo. Alias di Ulisse dentro al cavallo di legno, realtà latente nascosta
ai Troiani, è inconscio sopraffattorio, ripreso da Joyce nel monologo di Molly
dell’Ulisse.
Dante teme Nessuno, per la sua parola
ingannevole alternativa a quella di Dio, alla divinità della Commedia.
L’avventura di Ulisse è troppo vicina a quella di Gesù, come lui ipotesi d’uomo
che sconfigge tempo e morte. Risurrezione della giustizia. La tensione verso
Beatrice va verso la parola di Dio per superare il Nessuno illusorio, mortale.
Illuminata dall’amore, ma non profana come in Penelope o in Molly, è lei la
strada per il Paradiso. L’amore è lo specchio della conoscenza di Dio, umanità
della divina armonia superiore all’uomo stesso.
Come noi, Ulisse ricerca la verità, Fatti non fummo per viver come bruti, ma per
seguir virtute e conoscenza. Ma è
alternativo a Gesù, sostituendo a Dio Nessuno, uomo delle ipotesi ingannevoli
che infrangono la sacralità della parola. Con la sola fede dell’intelletto e
della parola, illuminata dalla sofferenza e dalla sopravvivenza, investiga la
realtà anticipando un giallo o un noir di oggi. Senza Dio, trova la vendetta. L’avventura
solitaria di Ulisse, che rende mobili i confini imposti dalla Chiesa al mondo e
alla parola, lo condanna all’inferno.
Ma può valere ancora oggi la condanna
di Nessuno e del suo inganno nella parola infedele e traditrice? O appartiene
solo a Dante e al suo tempo, alla sua parola divina? L’integrità personale e affettiva di Dedalus e Bloom è
profana come quella di Ulisse- Nessuno? Nel monologo di Molly solo lei, non
loro, vede la necessità di Dio per vincere la paura della morte. È sempre lo
stesso il posto che ha la fede, religiosa o ideologica, nella società d’oggi,
nell’avventura umana? Vale più di altri motivi, più profani seppure amorosi, come
quelli in cui s’identifica l’uomo della città ingannevole, una Dublino che vale
ogni altra città?
Cinque secoli prima di Joyce, quella
amata da Don Chisciotte è la parola nota
a tutti, invenzione dell’unica realtà che conta, isola di salvezza per
tutti e per nessuno. Dimensione creativa e superiore dell’uomo incarnata dai
cavalieri erranti.
Nessuno è Don Chisciotte che lascia
il paese natio, la vita passata e la sua stessa identità, creando un mondo
virtuale che risuscita la parola dei cavalieri erranti. La parola immaginaria
lo rende Nessuno per gli altri, abitante virtuale che non sa di esserlo e vive
una parola che crede nota a tutti, mentre lo è solo per lui, uomo solo, unico
nella finzione, nella Parola inventata per l’avventura. Con Don Chisciotte, Sancio
divide l’essere Nessuno nella fedeltà alla parola delirante che rende mobile la
realtà, estesa all’immaginazione fino alla promessa dell’isola di cui sarà il
Governatore. Sancio accoglie Nessuno in sé, nella parola intesa come delirio
d’onnipotenza.
La distanza ironica di Cervantes non
diminuisce la verità della loro ricerca del mondo dentro la parola. Demistifica
i cavalieri erranti, la loro parola deprivante del significato di realtà, ma le contrappone
l’unione tra realtà e fantasia in una parola più umana e credibile, in cui vita
e morte appartengono al sentimento. Ricerca moderna: realtà e immaginazione non
debbono contrapporsi artificiosamente, ma saldarsi nella parola naturalmente. Come
Sancio, e tutti noi, deve sopravvivere
al delirio della parola di altri abbracciando realtà e finzione.
In Sanc-io abbraccio il mio io
e l’isola promessa. Con lui la mia vendetta poetica rende il delirio
consapevole, fattore di sopravvivenza. Col delirio consapevole arriviamo al
tempo di Nessuno: se Nessuno è presente dopo Ulisse, è possibile che in tempi e
contesti a noi più vicini la sua parola sia realtà unica e superiore, forza travolgente
che unisce sempre l’immaginazione all’evidenza? Si può dire, ora come ai tempi
di Omero, Nessuno è vivo nella realtà quotidiana? La parola nota a tutti di Joyce è la stessa di Ulisse che si
proclama Nessuno?
Nella sua metamorfosi in scarafaggio, la parola esce da Gregor Samsa sotto
forma di suoni strozzati e mostruosi, orridi per i suoi cari: Gregor è senza
gola umana. Perciò l’impotenza che ne deriva si contrappone all’assenza di parole
dentro al cavallo di Troia, a quella di Nessuno davanti a Polifemo. Senza gola,
Gregor muore vittima del silenzio forzato della sua metamorfosi: la sua voce non
può articolare parole comprensibili agli altri, mostro la cui parola cade nel
nulla.
In Pirandello, la realtà della parola
identifica il protagonista in modo diverso a seconda di chi sia il parlante: è Uno, ma anche nessuno e centomila. In qualità di nessuno assume volti e nomi diversi in funzione dei diversi punti
di vista. Gengè, o Vitangelo Moscarda, ma comunque reale e immaginario insieme.
Nessuno, appunto, o Don Chisciotte. Lo specchio della parola è mutevole, ma
comunque reale: come Nessuno. Centomila e
Nessuno sono gli attributi che la
parola manifesta nell’interagire delle persone, fondendo realtà e
immaginazione.
In Joyce, Nessuno è un Bloom che vaga
nella sua Dublino acquatica. Vaga in cerca di Molly, la donna amata che l’ha
tradito. La parola narrativa deve
ricuperargli la sua identità andando oltre il tradimento. Nel finale del monologo
della sua Molly, lei dice sì all’amore
per l’uomo che ha ingannato. Con la parola “sì”, il finale poetico riscatta una
realtà amorosa che ondeggiava nel tempo e nel sospetto, lontana dagli affetti
come Ulisse lontano da Itaca per troppi anni. La parola è scelta di vita oltre
il possibile della banalità evidente, come Ulisse fuoriesce dal silenzio del
grande cavallo imponendo la realtà di Nessuno: l’uomo trova se stesso nel tempo
creato dalla parola. Io stesso mi accorgo di essere Nessuno, avvicinatomi alla
realtà dei grandi personaggi letterari di ieri e di oggi. Da quando lo sono? Da
quando non la fede, ma la parola profana, è lo specchio dell’uomo di Joyce e il
mio personale?
L’isola di Nessuno per me è la
letteratura stessa, il luogo e il tempo in cui la parola diviene realtà umana a
tutti gli effetti. È la parola nota a
tutti di Joyce. Realtà e immaginazione, verità e menzogna, certezza e dubbio,
amore e morte, sogno ed evidenza, promessa e illusione, delirio e consapevolezza.
Debolezza umana. Unità o divisione, identità o presenza del sosia, doppelganger.
Volontà esterna del mondo.
L’opera letteraria, come la vita, è unica
e irripetibile per Cervantes, gioco originale della parola e momento
d’interazione personale. Come in Kafka, come in Cervantes, uomo reale e uomo
della finzione raggiungono la perfezione vitale nel gioco della parola con le
identità umane. La parola ha l’isola di Nessuno come luogo e tempo di questa
originalità. L’invenzione di Nessuno per Ulisse, come quella di Don Chisciotte
per Chisciano il Buono o lo scarafaggio per Gregor Samsa, è una nuova identità
dentro questa isola: luogo letterario per eccellenza in cui la parola si
manifesta nelle sue potenzialità virtuali.
Luogo specifico accennato da Milan
Kundera in L’arte del romanzo, in cui
è possibile una storia nuova della letteratura come realtà contestuale della
parola, i cui confini sono mobili, pena
la perdita di vitalità, perfetti perché simulati. La fine del Don Chisciotte è
esemplare a tal riguardo, come la morte di Ettore nell’Iliade.
Dopo la loro morte, la vita virtuale
della parola prosegue come la vita di Nessuno nelle voci dei Ciclopi. Il testo
è divenuto contesto virtualmente presente. La parola identità. La realtà virtuale esiste da sempre: è la
parola di Nessuno, realtà del pensiero
indotta dalla nuova identità possibile nella parola.
Così rivivono i cavalieri erranti, e
rimane vivo Nessuno dopo aver sconfitto Polifemo e i Troiani ai tempi di Omero,
realtà virtuale anche di oggi. Nella sua isola, si sommano realtà e invenzione,
parola e delirio, identità presenti o solo possibili, sempre con lo stesso
valore ed efficacia.
La tecnologia in 3D rende viva
davanti a noi l’identità possibile. Siamo nuovi Nessuno davanti ai Ciclopi, ma con
ben altro che il solo suono della voce a disposizione dell’immaginazione e del
pensiero, per realizzare la nostra dimensione virtuale. La parola rimane un
punto fermo colla sua forza inoppugnabile, sentimento e volontà vitale, con un
tempo suo, interiore, non solo cronologia esterna del nostro vivere. La parola-
identità è presenza di base che rende possibili altre realtà virtuali, inferiori
a lei nell’ordine e nel caos delle cose, come il bambino che inizia a parlare,
dicendo mamma e papà, rimasto dentro tutti noi come nuova realtà nel caos
vitale.
Verità umana, il cui mistero è un
interrogativo aperto sulla forza della parola e la sua dimensione virtuale. Asserzione
sul tempo e sull’uomo, sulla sua vita e la sua morte. Distinzione tra Arte
e Scienza in Pirandello, o Parola nota a tutti di Joyce. Il testo è
contesto, oggi più che mai, la parola letteraria crea tempo ora come ai tempi
di Omero, ma con una comunicazione diffusa in tempo reale e tridimensionale.
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