Roberto Bolano: le vite replicate e
la suggestione della libertà
“Pochi mesi dopo il suo arrivo al villaggio
morì il padre, come se avesse aspettato solo lui per lanciarsi a testa bassa
all’altro mondo. (….) Anski sgattaiolò al cimitero e rimase a lungo accanto alla tomba, pensando
a cose vaghe. Di giorno dormiva in soffitta, coperto fino alla testa, nel buio
totale (…. ) Si domanda cosa resterà quando l’universo sarà morto e il tempo e
lo spazio saranno morti con lui. Zero, nulla. Questa idea, però, lo fa ridere. Dietro
ogni risposta si nasconde una domanda, ricorda Anski che dicono i contadini di
Kostekino. Dietro ogni risposta inappellabile si nasconde una domanda ancor più
complessa. La complessità, tuttavia, lo fa ridere, e a volte sua madre lo sente
ridere in soffitta come quando aveva dieci anni. Anski pensa a universi
paralleli. In quei giorni Hitler invade la Polonia e inizia la seconda guerra
mondiale. Caduta di Varsavia, caduta di Parigi, attacco all’Unione Sovietica.
Solo nel disordine siamo concepibili.” *1.
Queste parole di 2666, opera
sterminata di Roberto Bolano, trascendono Anski, sono il motore di 2666 e della sua narrativa. Un caos primordiale
segna l’uomo e il suo destino e l’autore sposta continuamente i confini alla
parola narrativa, ne allarga spazi logici e cronologici dandole nuove
prospettive. Con il caos che si sposta, gli scenari dentro 2666 mutano eppure rimangono continui. Dice Bolano che solo nel disordine siamo concepibili: contenuto e forma del suo narrare,
specificità letteraria. Nella sua varietà, insensata prima e consistente poi, la
realtà trova nelle parole una sintesi continua, interminabile, soggetta
all’instabilità. I personaggi, espressioni viventi del disordine, sono percorsi
da un delirio lucido e consapevole. Ci portano lontano, verso territori della
mente che sappiamo essere dentro di noi, seppure inventati da Bolano. Anche noi
dentro universi paralleli, come Anski
ridiamo in soffitta. Complessa e
semplice, Santa Teresa è una presenza senza veri confini: luogo privilegiato di
2666, s’estende in spazi reali e immaginari della parola dentro a un sistema di
vasi comunicanti, da 2666 ai Dispiaceri
del vero poliziotto, opera riassuntiva della volontà dello scrittore. Non solo
zona geografica, si spiega come luogo mentale del tempo in cui non
vi sono più limiti alla libertà e alla sua durata. Tempo dell’essere. “I suoi
passi lo portarono in centro … e poi s’infilò in un quartiere che, malgrado
fosse a due isolati dal centro, riuniva
in sé- e mostrava- ogni stigma, ogni segno di povertà, squallore e pericolo. La
zona rossa. Quel nome divertiva Amalfitano con un misto di amara tenerezza;
anche lui, nel corso della sua vita, aveva conosciuto zone rosse. I quartieri
operai, i ‘cordoni industriali’, prima, i luoghi liberati dalla guerriglia,
dopo.” *2.
Il
presente ha la libertà come unica alternativa a se stessa, la sua durata è
pervasiva e tutto può accadere, violenza e crudeltà, eventi contrari al sentire
umano e all’intendere civile. Ma è libertà di incontri anomali e manifestazioni
impensabili di poesia, scontro di eventi e personaggi coi canoni della civiltà e del suo progredire.
Il caos invade l’ordine. La morte del padre procede nel buio con la sua volontà
perfida, imprevedibile nel provocare Anski dopo
il suo arrivo al villaggio. Il caos subentra all’ordine a dispetto di
aspettative ordinate nel tempo.
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donne sono assassinate a Santa Teresa, e
le centinaia di pagine di La parte dei
delitti danno un senso narrativo alle cronache insistite delle atrocità
sostituendo la brutalità all’amore, i dettagli della deturpazione a quelli
dell’integrità. “ Alla fine di settembre fu ritrovato il corpo di una bambina
di tredici anni, sul versante orientale del colle Estrella. (…..) Era stata
violentata ripetute volte e accoltellata
e la morte era attribuibile alla rottura dell’osso ioide. Ma quello che più sorprese
i giornalisti era che nessuno reclamasse o riconoscesse il cadavere. Come se la
bambina fosse arrivata a Santa Teresa da sola e vi avesse vissuto in totale
invisibilità finché gli assassini non l’avevano notata e uccisa. “ *3
Santa Teresa, cittadina messicana ai confini col Texas che nella realtà
si chiama Ciudad Juarez, è sì luogo
infernale, ma anche e con maggiore significato letterario, luogo della libertà
dell’uomo nel bene e nel male, rovesciamento di canoni e aspettative umane.
Nelle parole di Bolano, a cui era stato chiesto di definire l’Inferno, questo appare proprio “come Ciudad Juarez, che è la
nostra maledizione e il nostro specchio, lo specchio inquieto delle nostre
frustrazioni e della nostra infame interpretazione della libertà
e dei nostri desideri”. Come infame
interpretazione della libertà, Santa Teresa è luogo fondamentale nelle opere
di Bolano: presenza di Bene e Male, violenza e poesia, sogno e realtà, immagini
e fantasia e tant’altro ancora. Nel
prevalere di regole predatorie della libertà, ne La parte dei delitti essa è
insieme suggestione minuziosa ed esasperazione negativa: brutalità e violenza
assassina frantumano corpi e sentimenti privi di difese, li annientano
abbandonati a se stessi senza più umanità. La suggestione della libertà
comprende in sé il caos primordiale. All’inizio dei Dispiaceri, la libertà
omosessuale costringe Amalfitano in Messico, via dal suo amante, il poeta
Padilla, e dalla Spagna. Le speranze di entrambi sono condannate al nuovo
ordine spietato della sopravvivenza. In 2666 Amalfitano deve fare i conti con
l’estremo male della libertà: l’amore diventato corruzione, il suo codice
erotico tramutato in morte. La figlia Rosa fugge negli Stati Uniti per salvarsi
dal sospetto di partecipare agli snuff movies. Il caos prevale sull’ordine
delle cose.
Allontanarsi
dai canoni correnti è qualità specifica del grande scrittore. Nelle parole di Amalfitano
nei Dispiaceri troviamo Bolano
stesso. “Alla radice di tutti i miei mali si trova la mia ammirazione per i
delinquenti, le puttane, gli squilibrati, si diceva Amalfitano con amarezza. Nell’adolescenza
avrei voluto essere ebreo, bolscevico, negro, omosessuale, drogato e mezzo
matto, e come se non bastasse monco, ma sono diventato solo un professore di
letteratura. Meno male, pensava Amalfitano, che ho potuto leggere migliaia di
libri. Meno male che ho conosciuto i
Poeti e che ho letto i Romanzi. (I Poeti, per Amalfitano, erano esseri
umani splendenti come un lampo, e i Romanzi, le storie che nascevano dalla
fonte del Don Chisciotte). Meno male
che ho letto. Meno male che posso ancora leggere, si diceva tra scettico e
speranzoso.“ *4
La
salvezza è nelle parole dei libri. Sempre Amalfitano, in Chiamate telefoniche racconta una storia che ha sentito raccontare,
in cui un coscritto per errore finito in un campo delle SS, scoperto dai russi
e scambiato per un collaborazionista, si salva esclamando “cazzo” perché la
parola suona come “Kunst” in tedesco, termine che indica l’arte. L’arte e la
poesia convivono fortunatamente con la barbarie. Quando è il loro momento
sconvolgono i canoni correnti. In una forma provocatoria, il racconto diviene
verità in cui tutto è sensato e insensato insieme, indifferente alla morale e
al suo equilibrio, tempo che coglie l’umanità nella sua vastità espressiva
senza i limiti imposti da canoni morali ed estetici. Prima viene la verità
della vita, il tempo e la libertà del caos prima della regola morale. Vorremmo
la vittoria del bene, ma come in un sogno o un incubo la vita mette in vetrina
se stessa in modo cinico e disincantato, ironico e sprezzante della mediocrità
di ogni compromesso, vita libera di pescare nella parola e nel tempo per
trovare la realtà umana affrancata dalla norma razionale. “L’insegna, a grandi
lettere rosse, annunciava la cantante di rancheras
Coral Vidal, una seduta di striptease comunicativo e il famoso mago Alexander.
Sotto la pensilina all’ingresso, in un brulichio di gente insonne, vendevano
sigarette, droghe, frutta secca, riviste e giornali di Santa Teresa, Città del
Messico, California e Texas. Mentre pagava un quotidiano della capitale, me ne
dia uno qualunque, aveva detto all’edicolante, mi dia l’ ‘Excélsior’, un
bambino gli tirò la manica.” *5 Come Arturo Belano nei Detective selvaggi, Amalfitano scopre il presente quale replicante della vita sua e di altri, è costretto a trovare un ordine nella
vita reinventandosi dentro nuove condizioni, tra passato e presente, memoria e
scelta.
Nei Detective selvaggi, Belano e Ulises Lima sono poeti in cerca
di altri poeti, si muovono tra luoghi e persone senza un delitto o un’indagine reale, lontani
dall’essere detective secondo i canoni correnti. Cercano se stessi dentro a un
fiume vitale- forse lo stesso di Huckleberry Finn- nell’avventura tra mille affluenti e rivoli
spesso insignificanti. E arrivano al mare. Dentro l'acqua salata della storia, appare
la poetessa Cesàrea Tinajero che assume la parte simbolica che avrà Arcimboldi
in 2666, poesia e letteratura fuori
dai canoni. Ulises Lima e Arturo Belano, come real-visceralisti in cerca di se
stessi e della poesia dentro un ordine più vasto, disordinato, attraversano con
il lettore un mondo che è reale proprio perché ideale, un paesaggio in cui i segni dell'intelletto e
della poesia vorrebbero sostituire quelli della carne e della violenza. Nella
realtà basta che la poesia non sia annullata dalla violenza ma le conviva fortunatamente
accanto, come nei passi citati sopra su Amalfitano nei Dispiaceri e in Chiamate
telefoniche: quando è il suo momento essa sconvolge i canoni correnti.
Leggendo
Terzo Reich mi chiedevo dove volesse
arrivare Bolano. Se il gioco del terzo Reich è la metafora di qualcosa, una
presenza non casuale della violenza, e l’insistenza sul Bruciato, sulla sua
forza bruta e misteriosa un simbolo vivente della Storia con i suoi
misfatti. Se c’è la cosa in sé in lui come in Philip Dick, e quell’uomo tornato
bambino davanti a forze oscure è lo stesso nel Terzo Reich come nel Tempo
fuor di sesto a cui s’ispira. Ma in
Philip Dick la lucidità della memoria
riporta a galla la verità delle cose, in Bolano no: la suggestione dell’ignoto la
suggerisce soltanto, detta le priorità senza mai chiarirsi, prepotente come nella
realtà di ciascuno di noi. Disegna sempre nuovi quadri. La ripetizione dello
war game spinge Hudo Berger dentro un gioco sconosciuto e alla replica adulta
dell’amore per Else, con la rinuncia all’ordine solito della fidanzata. Hudo ne
esce sconfitto. Negli scenari sempre nuovi delle simulazioni del gioco, non sa
più rispondere da campione. La sua sconfitta significa che la libertà ha un suo
codice perfetto, dove prepotenza del gioco e regole impersonali di provenienza
oscura ipnotizzano l’uomo e il suo amore. Vittoria del Terzo Reich. Una prepotenza vitale decifrabile come suggestione
della libertà, una fuga che porta la persona lontano insieme ai sogni descritti
con insistenza da Bolano, ma senza i
poeti protagonisti delle altre opere. Verità crudele del vivere oltre se stessi,
la fuga diviene continua in 2666. “La fuga si trasformava in libertà, anche se
la libertà serviva soltanto a continuare a fuggire. Il caos si trasformava in ordine, sia pure a spese di quello che
è comunemente noto come senno.”*6. Nuovi confini s’aprono al corpo e alla mente,
si abbattono i vincoli. Nella suggestione la libertà si deforma e si amplia, esorcizza paure e desideri e diventa sogno. Come
accade a Molly nel monologo dell’ Ulisse
di Joyce, un’esenzione temporanea
dalla prepotenza lascia la vita libera
di ripetersi con altra armonia. Ignota. La libertà è replicata in mondi
paralleli, eccezioni alla norma. Ecco l’ordine di 2666: solo nel disordine siamo concepibili. A Santa Teresa, in 2666, è questo l’elemento vitale di Amalfitano.
Replicando a suo modo Duchamp, appende a
un albero come biancheria da stendere un libro di Dieste, Il testamento geometrico. Per giorni ne contempla il disfacimento e
la degenerazione dovute agli agenti esterni. Ammira l’ordine che contiene anche
il disordine, la nuova verità dei frammenti:
realtà e vita oltre la geometria, l’indescrivibile oltre l’ordine, l’eccezione
che mostra l’altra verità del mondo. Il frammento dissennato clona l’avventura
umana a contatto con la vita. Amalfitano interroga il replicante di un filosofo
“ammalato”, lo scomparso Guyau. E la suggestione della libertà esce dal sogno. Guyau
forse gli direbbe: “Sia felice. Viva l’attimo. Sia buono. O il contrario: lei
chi è? Cosa ci fa qui? Se ne vada. “*7.
Amalfitano chiede aiuto: non sa cosa è bene. Restare o fuggire. La ricerca di una
risposta è il motivo per il 2666 di Bolano, motivo inseguito pagina dopo pagina,
con amore. Restare e vivere l’attimo: l’amore di questo s’alimenta, ma anche
l’odio. Andarsene: del movimento l’ordine creativo s’alimenta, come pure la
libertà. Fuggire con una puttana non assassina come quella dei detective selvaggi, sospesa tra brutalità e poesia. Diversamente
umana e perciò più umana. Fuggire dentro Santa Teresa, tra I dispiaceri e i suoi luoghi più umani, capaci di un nuovo ordine
per il vero poliziotto. Lì c’è
un’isola senza mare in cui poter scoprire la magia, con il suo volto
suggestivo. Lì la voce suggestiva del vecchio mago Alexander indovina le carte
estratte dall’ignoto oltre l’ordine apparente: dove si mostra la perdita
dell’amore, proprio lì replica attimi d’amore eccezionali e commoventi nascosti
dalla vita ordinaria. Nel nuovo ordine è riconosciuto il legame che unisce
padri e figli.
“Un’altra
carta. E poi un’altra, in un’altra fila, e le carte continuano a formare,
annunciate coralmente dagli spettatori, una scala reale di cuori (… ) Nel
portafoglio, tra una foto di Rosa a dieci anni e un foglietto ingiallito e
stropicciato, trovò la carta. Che carta è, signore? disse il mago, guardandolo
fisso (… ) La regina di cuori, rispose Amalfitano. Il mago gli sorrise. Come
avrebbe fatto suo padre.” *8
1.
R. Bolano, 2666- La parte di Arcimboldi- Adelphi 2007-pag. 483
2.
I dispiaceri
del vero poliziotto- Adelphi 2011, pag.104
3.
2666-
La parte dei delitti, pag. 154
4. I
dispiaceri del vero poliziotto, pag. 119-120
5. Ibidem, pag.115
6. 2666- La
parte di Amalfitano- pag.240
7. Ibidem-
- pag. 246
8. I dispiaceri del vero poliziotto- pag.114
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